lunedì 23 maggio 2011

Senza le vecchie botteghe: "La città perde la sua anima"

Senza le vecchie botteghe: "La città perde la sua anima"
Framiamoci un attimo, voltiamo indietro lo sguardo, pensiamo a com'eravamo. Una riflessione necessaria per capire dove stiamo andando. Dicono che rispetto al Nord Europa dobbiamo ancora recuperare il "gap", che dobbiamo costriirne altri. Di cosa parlo? Di ospedali, di scuole? O forse di strade, ferrovie? No! Sto parlando di centri commerciali, di ipermercati. Quando vogliono convincerci che qualcosa è buono e positivo tirano sempre in ballo gli altri Paesi europei. Solo quando gli fa comodo,dico io. Ancora centri commerciali, ancora cattedrali del consumismo e dello spreco. Certo, lo so, sono comodi. Sempre aperti, c'è il parcheggio, trovi di tutto e poi compri tre e paghi due. Ma spesso ne serviva uno solo. Certo, certo, sotto costo non è da sottovalutare. Ma spesso non serviva.
Quando arrivi a casa e riempi il frigorifero, quando togli le confezioni, sistemi tutto e ti ritrovi un sacco pieno di inutili vaschette di plastica, allora, solo allora te ne rendi conto e ti assale un dubbio. e se, fra quello che non mi serviva e le tasse che paghiamo per smaltire tutti questi rifiuti, mi fossi già giocato il tre per due? Ripenso a Gino, "il macellaro" di nonna, quando, bambino, l'accompagnavo a fare la spesa. Gino, che mi fai dù braciole nella groppa, ma tenere mi raccomando. Guardi belle! Così vanno bene sor'Egle? Due braciole, perchè solo di quello avevi bisogno. Le rinvolgeva in un foglio di carta gialla che nonna riutilizzava quando faceva il fritto. Niente scottex, niente plastica, niente spreco.
Fermiamoci un attimo a riflettere. La mattina alle 7 suonavano tutti insieme i campanelli del palazzo, non importava affacciarsi alla finestra per sapere chi era. Ettore, il garzone dell'alimentari del quartiere. Portava un cartoccio con il pane ancora caldo e lasciava una bottiglia di latte fresco, e ritirava il vuoto, tutte le mattine eccetto la domenica, perchè allora, la domenica, era un giorno di riposo per tutti. Era il tempo delle "botteghe". Non c'era bisogno di fare tanta strada, potevi andare a piedi o in bicicletta. Nel quartiere trovavi tutto, il negozio d'alimentari, il fruttivendolo, la macelleria, c'era la ferramenta e poi gli artigiani, fabbro, elettricista, idraulico. Persone che conoscevi, con le quali scambiavi volentieri quattro chiacchere, persone sperte del proprio mestiere, che sapevano consigliarti. Tante famiglie di bottegai e di artigiani che vivevano del proprio lavoro.
La filiera corta. Produrre ciò che si consuma dove si consuma, senza costi di trasporto, passaggi di mano, garanzia di freschezza e qualità, risparmio di energia e d'inquinamento. I bottegai giàlo facevano. I polli e i conigli erano nostrani, la frutta e la verdura proveniva dai contadini del comprensorio. Pensate, esisteva già anche il cartellino con l'indicazione della provenienza e, talvolta, il nome del produttore. "Ciliege della Tina di Valdinievole", " Polli di Baldo del Sant'Agostino".
Il centro muore, ma non è solo il centro, è tutta la città che sta perdendo la sua anima, quell'anima erano le botteghe, al loro posto saracinesche abbassate, catene di merchandising, bazar di cineserie.
Fermiamoci un attimo a riflettere per capire dove vogliamo andare. Non è mai troppo tardi per riconoscere d'aver imboccato la strada sbagliata.